Tempo di raccolta - tra resilienza e ritorno al guscio
Un viaggio tra i cicli della Natura e quelli del corpo. Un invito a rallentare, raccogliere e ritornare nel proprio guscio.
Adriana Sequeira
11/2/20252 min leggere


Mentre la notte comincia ad arrivare e il buio si posa piano piano,
saluto il primo pettirosso che ho visto e rifletto su tutto ciò che è accaduto durante questa primavera e questa estate. È un momento per guardare alle storie che ho vissuto in questi mesi.
Che bello.
Quante cose sono successe, quanti semi lanciati.
AINA Forest cresce al suo ritmo.
Vedere tutto ciò che è già accaduto in questi mesi mi riempie di gratitudine e orgoglio.
Quando ho iniziato questo progetto, mi è stato detto che avrebbe avuto successo solo se fossi stata resiliente. Ricordo bene la paura che quella parola mi aveva provocato. “Resilienza” non faceva parte del mio vocabolario. Avevo timore che, davanti alla minima difficoltà, i miei sogni si sarebbero sgretolati.
Ha echeggiato dentro di me — l’ho sentita fino alle ossa: resilienza.
Respiravo... e insieme al respiro arrivavano i dubbi, le domande, le sensazioni di tremore, e la paura.
La paura di non farcela.
Per fortuna, le piante mi hanno insegnato — e mi insegnano ogni giorno che me lo dimentico —
ad entrare in relazione con questa parola.
Mi hanno mostrato che, di tutti i semi che lancio, non tutti diventeranno germogli,
non tutti diventeranno piante,
non tutti diventeranno fiori,
e non tutti porteranno frutti.
Respiro.
Lascio cadere le spalle.
Lascio che i miei piedi si appoggino alla terra.
Questa parola mi abbraccia: abbiamo finalmente stretto un contatto.
Le ho fatto spazio dentro di me.
E ora è qui, con me.
Mi fa compagnia.
Mi prepara la tisana quando, a volte, penso di lasciare stare.
E invece eccomi qui, con la resilienza come alleata.
Ed eccola qui, AINA.
I primi semi sono stati lanciati al terreno nei mesi scorsi.
Sono fiera di me — e infinitamente grata ai curiosi e alle curiose che hanno offerto un terreno fertile,
che hanno lasciato spazio a questi miei semi.
Quando avevo cominciato AINA, avevo tutta una struttura e una modalità precise.
Ma piano piano si sono trasformate, diventando più mie.
All’inizio volevo restare dietro le quinte, non volevo essere protagonista di nulla.
Ma poi ho capito: AINA sono anch’io.
Nasce dal mio vissuto, dalla mia conoscenza, dalla mia esperienza,
dal mio modo di relazionarmi con gli altri e con la Natura.
Questi mesi mi hanno mostrato che il progetto non è più lo stesso,
ma nemmeno io lo sono.
È una simbiosi che si consolida e si trasforma con gli incontri, con i cambiamenti, con la vita stessa.
Chiudo questo periodo di raccolta con gratitudine.
Mi sento piena, come la terra dopo la pioggia.
Sento che ogni incontro — umano o non umano — mi ha lasciato qualcosa.
L’altro mi porta sempre notizie di me stessa.
Ed è questo il bello dell’essere in connessione con tutto ciò che ci circonda.
E ora arriva il tempo del lasciare andare.
Le foglie cadono, si degradano, si trasformano in humus per nutrire il nuovo che arriverà.
È tempo di accendere la stufa, di preparare tisane che scaldano il cuore.
Le mie mani ritrovano l’uncinetto, la lana, e cominciano a tessere ciò che, nell’inconscio, sta già prendendo forma — anche se lo scoprirò solo con il tempo.
È cominciato il tempo dell’ascolto.
Dell’ascolto profondo di ciò che è andato e di ciò che rimane.
E forse, la lentezza non è una scelta.
È un ritorno a casa.
Un ritorno al guscio.
