Quando la sosta diventa seme
In un tempo di pausa forzata, ho riscoperto il valore della lentezza e la bellezza della varietà. Questo è il racconto di come ho imparato a non scegliere tra le mie parti, ma ad accoglierle tutte. Un invito a vivere con presenza e a lasciarsi nutrire dalla diversità.
Adriana Sequeira
6/12/20251 min leggere


Mi piace apparire qui in modo spontaneo, senza regole, senza obblighi.
Mi piace la libertà di potermi esprimere quando la creatività lo permette.
Da tre settimane sono “ferma”, dopo una frattura all’alluce. Il mio corpo mi ha chiesto (anzi, imposto) di rallentare. E non vi mentirò: non è stato facile accettarlo. Non perché non volessi fermarmi, ma perché la vita è troppo bella. ❤
Poi, piano piano, ho imparato a vedere la bellezza anche qui: nei miei libri, nelle piante di casa, nel mio fratello a quattro zampe, in quel piccolo uccellino che viene ogni giorno a farmi visita.
E oggi, da questa sosta, è nata questa riflessione:
Dobbiamo accettare che siamo fatti di tante parti — ed è proprio questo che ci rende unici. Ho trovato una pace profonda quando ho smesso di cercare di scegliere: tra il riposo e il movimento, tra lo stare con gli altri e il piacere della solitudine, tra seguire una struttura e ascoltare il mio corpo. Posso essere tutto questo. Posso permettermi di cambiare, di sentire, di variare.
Cercare di essere una cosa sola… mi faceva appassire. Mi hanno sempre detto che bisogna concentrare tutta l’energia in una sola direzione. Ma ogni volta che ci provavo, perdevo la gioia, la creatività, la luce.
È stato quando ho capito che non conta quante cose facciamo, ma la presenza con cui le viviamo, che ho iniziato a fiorire.
La diversità mi nutre.
È ciò che mi muove.
È il mio ritmo naturale.